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Oggi come in passato, i balli tradizionali sono un allegro momento di aggregazione, simbolo del senso di unione e fratellanza tra la gente lustrese.
I balli tipici sono la tarantella e la quadriglia, che un tempo si ballavano al suono di strumenti musicali quali gli organetti e la chitarra battente, che è una chitarra diversa da quella classica con la cassa più alta ed il fondo bombato capace di emettere accordi particolari perché dotata di doppie corde.
Il fischietto, detto u’ friscarieddo , si ricava da una canna su cui vengono praticati dei fori per ottenere il suono.
Uno strumento antico era il puti pu, uno strumento costruito con una pelle immessa in un recipiente di terracotta o in una zucca essiccata che emetteva dei suoni molto bassi che si ottenevano movendo una canna dall’interno.

I canti popolari del Cilento rappresentano un aspetto importantissimo della cultura e della storia di paesi con origini e storie comuni; aiutano a capire il passato e ad interpretarlo in chiave moderna per cogliere aspetti di vita talvolta lasciati nell’oblio che in qualche modo hanno determinato culture e stili di vita odierni. È indispensabile, dunque, fare uno studio approfondito dei canti popolari, da affiancare a studi già condotti sugli eventi storici e sul dialetto, anch’esso simbolo della gente e dei luoghi.
Lustra, come tanti affascinanti comuni cilentani tanto ricchi di saperi, custodisce un patrimonio di canti e detti popolari di grande valore.
La ricerca delle tradizioni, delle usanze antiche e comunque attuali, è spesso simpaticamente rappresentata da canti e racconti popolari riprodotti nel rispetto della pronuncia dialettale del paese dai quali si evince il processo di italianizzazione di alcune espressioni.
Attraverso la ricerca si può risalire alla costruzione di racconti che testimoniano eventi di vita vissuta arricchiti da leggende e credenze popolari.
Nei canti popolari, con la scomparsa degli anziani, custodi delle tradizioni orali, sono andati scomparendo anche canti in passato censurati perché ritenuti immorali. Non a caso i canti popolari celebrati a Lustra come in tutto il Cilento raramente presentano contenuti troppo espliciti, e si limitano ad argomenti allusivi spesso fraintesi. Ne è esempio la lezione raccolta proprio a Lustra che narra una conquista amorosa:
Sera passai e tu bella rurmivi
tutto il tuo giardino camminai
ieri mbère a nu père re fico ca rurmivi
ieri scoperta e io te cummigliai.
Mbietto nge tenivi roie mela gendili
E ppe creanza mia no le toccai
Ma una cosa me sendo re corrivo
Ca ng’era lu ffuoco e no me cagliendai.


È la lezione di Zi Camillo, che aggiunge il distico:

Amore vieni da me,
ti voglio vicino
dormire una notte commè,
tesoro mio.


È chiaro come questo canto si ispira alla simbologia floreale. Da esso si deduce che nonostante le allusioni al corpo della donna e all’invito rivolto all’uomo fossero tramandati oralmente dalle donne stesse, in realtà al racconto seguiva il monito dell’uomo, dato il tono “sconcio” del racconto. Il contadino che ha riportato questo ed altri racconti, Zi Camillo, ha fornito un quaderno che raccoglie analoghe testimonianze caratterizzate dallo stesso tono e dallo stesso tema.